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04/10/2017 - LA RIVOLUZIONE DIGITALE E LE NUOVE FORME CONTRATTUALI

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La rivoluzione digitale, sta portando con sé degli effetti collaterali non certo trascurabili, introducendo una forma di sfruttamento del lavoro, che non esisteva fino a qualche tempo fa. La gig economy, è l’economia dei lavoretti online, creati dal boom dei servizi low cost. Nell’era di internet è nata una forma di capitalismo delle piattaforme frutto di un luogo virtuale dove le aziende che utilizzano servizi web si avvalgono di manodopera che viene sfruttata, una sorta di caporalato digitale.

Le aziende che operano nel mondo del virtuale sono tante, dal turismo alle consegne a domicilio ai call center. Questi settori, da uno studio effettuato nel 2016, si avvalgono di manodopera che va dai 30 anni in su nel 62% dei casi, dati non certo positivi; ciò vuol dire che queste categorie di lavoratori tendono ad accontentarsi del primo lavoro che viene offerto loro, senza considerare le condizioni contrattuali proposte. Questo porta con sé inesorabilmente ad addentrarsi in una realtà precaria e saltuaria dal punto di vista lavorativo dalla quale non è facile liberarsi. È la generazione dei trentenni che con la crisi occupazionale ha difficoltà a trovare lavori adeguati e ben retribuiti e che tende ad accontentarsi, alla ricerca di una qualsiasi fonte di reddito.

Dal punto di vista contrattuale in questi settori, i lavoratori sembrano trovarsi in una zona di “mezzo” tra lavoro autonomo e subordinato, senza che ci sia un inquadramento giuridico che possa tutelarli, che fa venir meno ogni garanzia di far rispettati i loro diritti.

Il rischio di questa sorta di caporalato digitale-afferma il Segretario Nazionale della F.N.A., Cosimo Nesci- è la mancanza di  un sistema di protezione assicurativa e contributiva di queste categorie di lavoratori. È  la crisi occupazionale che costringe tanti lavoratori ad accettare paghe irrisorie, forse inesistenti e per di più con scarse coperture previdenziali. Non possiamo trascurare il fatto che le aziende interessate sono appunto quelle che operano nel redditizio mercato delle economie digitali, dove i profitti sono molto vantaggiosi. Per tale ragione-conclude il Segretario F.N.A.-ci auguriamo ci siano presto delle risposte dal punto di vista legislativo che possano ovviare a tale carenza di regole ben precise.”

 

 

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