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14/09/2020 - LA BUROCRAZIA CI SOFFOCA PIU’ DELL’ EVASIONE FISCALE

Nella lotta quotidiana alla sopravvivenza economica e sociale del nostro Paese, il colpo di grazia è inflitto dalla macchina burocratica, alla quale ognuno di noi, Stato compreso, è indissolubilmente legato.

In ogni momento della nostra esistenza sociale e di appartenenza ad uno Stato organizzato, abbiamo necessità di attuare procedure burocratiche, per iscrivere i nostri figli a scuola, per accedere agli uffici di pubblica utilità come l’ufficio del fisco, o gli uffici preposti alla gestione dell’avvio di nuove attività economiche, accedere ai servizi delle strutture sanitarie pubbliche. I luoghi preposti a fungere da guida e aiuto per il cittadino-contribuente, quasi sempre si tramutano come il nostro peggior nemico, a causa delle difficoltà che si incontrano nel reperire le informazioni giuste di cui necessitiamo, e per la farraginosità delle procedure da attuare. In due parole: l’inefficienza burocratica, dalla quale purtroppo nessuno è esonerato.

Diversamente da quanto si pensa, l’evasione fiscale non è il peggiore dei nostri mali, quanto piuttosto il danno economico determinato dall’inefficienza della P.A.

Da un’analisi condotta dall’Ufficio Studi della CGIA di Mestre, è emerso come il costo della burocrazia (circa 200 miliardi di euro all’anno) superi del doppio il danno arrecato all’erario (circa 110 miliardi di euro l’anno) con l’evasione fiscale. Certo l’evasione non è il nostro peggior nemico, ma se si colmasse questo buco probabilmente anche la macchina burocratica funzionerebbe meglio.

Dall’analisi elaborata dalla CGIA emerge l’elevato costo annuo che le imprese devono sostenere per la burocrazia e la gestione dei rapporti con la P.A.: si stima una spesa di 57 miliardi di euro; segue il dato sui debiti contratti nei confronti di privati fornitori dalla P.A: ammontano a oltre 53 miliardi di euro. La giustizia civile ci costa 40 miliardi di euro l’anno; mentre gli sprechi nella sanità pubblica incido sul Pil per 24 miliardi di euro circa.  

Con questi numeri è doveroso intervenire sugli sprechi dello Stato, determinati anche dalle innumerevoli norme che fanno del nostro quadro normativo quello più complesso e caotico, rispetto per esempio a quello di alti Paese europei.  Si stima che in Italia vi siano circa 160000 norme tra statali, regionali e locali.

E questo quadro normativo così intricato e per nulla snello è stato tale anche in questa emergenza sanitaria ed economica, come accaduto a migliaia di attività economiche che non sono riuscite ad accedere agli aiuti economici messi a disposizione dal Governo per far fronte alla mancanza di liquidità improvvisa dovuta al lockdown, o ai ritardi riscontrati nei pagamenti degli ammortizzatori sociali destinati a quei lavoratori che improvvisamente sono passati alla Cassa integrazione, o che hanno perso la propria occupazione.

Il prossimo futuro sarà ancora tortuoso a causa dell’emergenza sanitaria, sociale ed economica che ci ha investiti e che ci accompagnerà ancora per molto. E in questo quadro, come afferma il Segretario dell’FNA Cosimo Nesci, è importante pensare alla semplificazione normativa in modo da accelerare i tempi di risposta della macchina statale: attraverso la riduzione del numero di leggi, e il monitoraggio e la valutazione del loro impatto sul tessuto sociale per poterne valutare miglioramenti, consolidare l’informatizzazione della Pubblica Amministrazione, attraverso la standardizzazione delle procedure telematiche, la formazione del personale pubblico, l’interconnessione delle banche dati.

Il decreto semplificazioni è stato approvato in via definitiva il 10 settembre scorso, ma le misure di semplificazione pensate non sembrano preannunciare quell’impatto sul dinamismo e sull’efficienza di cui l’attuale Società Italiana necessità per rispondere alle sfide del prossimo futuro.

 

Il Segretario Generale Nazionale

F.to Cosimo Nesci

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