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14/03/2022 - “MEZZI FERMI E CAMPI INCOLTI CI RACCONTANO DI OPERAI AGRICOLI SENZA LAVORO”.

Caro carburante, rincari delle materie prime, pandemia ancora in corso e conflitto in Ucraina. E’ tutto fermo. Una crisi storica ed economica che mette in ginocchio i consumatori, tutti i settori produttivi, e in particolare il settore primario che rischia il collasso. Gli agricoltori e gli allevatori sono costretti a tenere fermi i loro mezzi agricoli, i terreni restano incolti e per gli animali da allevamento i pasti si sono ridotti, con la conseguenza di una perdita di reddito perché in mancanza dei giusti nutrienti, il bestiame come le mucche non aumenta di peso e produce meno latte. Insomma una situazione di grave crisi economica per il settore agricolo.

Con la decisione dell'Ungheria di ostacolare le esportazioni nazionali di cereali, soia e girasole, in Italia è a rischio un allevamento su quattro che dipende per l'alimentazione degli animali dal mais importato da Ungheria e Ucraina che hanno di fatto bloccato le spedizioni e rappresentano i primi due fornitori dell'Italia. Senza dimenticaci de pescherecci fermi a causa dell’aumento del gasolio. Nel comparto alimentare tutte le filiere sono andate in forte difficoltà per i rincari.

 “Questa è una situazione molto complessa, la crisi è galoppante e trasversale, ed è urgente aprire un confronto per cercare soluzioni che possano dare ossigeno all’agricoltura” - ha commentato il Segretario Generale Fna Cosimo Nesci. “L’elenco delle difficoltà che stanno affrontando i produttori è lungo: il prezzo del gasolio agricolo è a livelli troppo alti, così come il costo dei mangimi e del grano che ha registrato un aumento del 40,6% in una settimana. C’è poi il caro energia che pesa non solo sugli agricoltori ma anche sui cittadini e sui lavoratori agricoli. Quella del settore agricolo è una situazione insostenibile che va avanti da due anni, iniziata con la pandemia e ora incancrenita con le ripercussioni della guerra in Ucraina. Mezzi fermi e campi incolti ci raccontano di oprai agricoli senza lavoro. Se non produciamo nel nostro Paese, oltre ad avere una grande mole di operai inoccupati, gli scaffali dei supermercati saranno pieni di prodotti alimentari importati, dal pesce alla frutta alla verdura, e in tal modo continueremo sulla via della dipendenza dall’estero. Agli agricoltori e agli allevatori dobbiamo assicurare le condizioni per continuare a lavorare, con misure che calmierino i costi di produzione, per tutelare il lavoro degli operai agricoli, ma anche il potere d’acquisto dei consumatori e la nostra sovranità alimentare". Per il Segretario Nesci "l’Italia deve puntare alla produzione interna, soprattutto ora che le congiunture storiche ci stanno dimostrando che l’energia (che venga dal gas, o gai mangimi, o dalla produzione di cibo) è il motore della vita di un Paese, ed è fondamentare proseguire la via dell’autonomia produttiva. Dobbiamo invertire la tendenza che ha spinto le aziende a lasciare i terreni incolti, e destinarli all’investimento sulle colture che importiamo maggiormente come quella del grano, ma anche perché i terreni incolti e abbandonati possono essere una risorsa per le nuove generazioni, e sappiamo quanto negli ultimi anni siano sempre più numerosi i giovani disponibili a investire in progetti agricoli.”

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