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01/08/2022 - IL RAPPORTO SULLE CONDIZIONI ABITATIVE DEI MIGRANTI IMPIEGATI IN AGRICOLTURA. 10MILA SENZA DIRITTI E SERVIZI ESSENZIALI.

L’indagine condotta da Cittalia nell’ambito del Piano triennale di contrasto al caporalato, ci riporta un quadro ben noto a tutti: ovvero l’alto numero di braccianti agricoli migranti costretti a vivere in insediamenti informali, luoghi di privazione dei diritti di pratica dello sfruttamento.  Si tratta di 10mila lavoratori, come emerge dai dati della ricerca, senza accesso ai servizi essenziali e ai servizi per l’integrazione.

Su 3.851 Comuni italiani interessati dalla rilevazione, sono 608 i Comuni dove è stata riscontrata la presenza di lavoratori stranieri occupati nel settore agroalimentare, una realtà che interessa tutto il territorio italiano da Nord a Sud.

La maggior parte degli insediamenti informali mappati è di tipo stabile e di antica costituzione: 11 insediamenti esistono da più di 20 anni, 7 insediamenti sono presenti da oltre 10 anni e 16 da oltre 7 anni. Questi dati ci parlano di un fenomeno fortemente sedimentato all’interno di molti territori e nonostante la caratteristica della stabilità dell’insediamento, nella maggior parte dei casi, non sono presenti servizi essenziali e le condizioni di vita risultano estremamente precarie.

Altro dato da sottolineare è la scarsa presenza di servizi di trasporto pubblico nelle vicinanze degli insediamenti informali: questo dato risulta particolarmente significativo, poiché correlato all’alto rischio di ricorrere ai “servizi” dei caporali e a trasporti inadeguati. Sono infatti superiori al 40% gli insediamenti informali che si trovano oltre i 10 km di distanza dai luoghi di lavoro e, fra questi, quasi il 10% è distante oltre 50 km.

Alla presenza di insediamenti informali e ai servizi essenziali assenti, si accompagna anche una scarsa attività territoriale di tipo sociosanitario di accoglienza e integrazione dei migranti, con la conseguenza che la mancanza di servizi di supporto e orientamento possano tradursi in mancanza di prospettive per questi lavoratori. E non è un caso che gli episodi di caporalato mostrano che la situazione è più critica negli insediamenti informali (nel 25,8% dei casi) che in quelli formali (10,4%).

“Questi dati ci confermano delle verità a noi ben note da tempo: abitazioni informali, trasporti irregolari, lontananza dai luoghi di lavoro, ghettizzazione, mancanza di assistenza e orientamento sono tutti elementi che non fanno altro che incentivare il caporalato. I fenomeni di sfruttamento lavorativo non sono recenti. Sono problematiche radicate nella nostra cultura: non è l’immigrazione che ha generato questa situazione ma è dovuta al fatto che i migranti sono considerati estranei al contesto sociale e abitativo dei territori nei quali arrivano, e qui rimangono privi di sostegno e riconoscimento”, commenta il Segretario Generale Fna-Confsal Cosimo Nesci. “Ora dobbiamo agire su questi dati: non basta diffondere la consapevolezza che siamo difronte ad una emergenza sociale diffusa e spesso ignorata, questo rapporto ci racconta di come i nostri territori oggi negano dignità a questi lavoratori, ed è ora che le amministrazioni centrali e locali destinatarie dei 200 mln del PNRR si attivino per superare definitivamente gli insediamenti informali, riconsegnando dignità e valore a questi lavoratori”, conclude il Segretario Nesci.

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