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06/12/2006 - Agricoltura: De Castro più cooperazione e organizzazione

Più cooperazione, più organizzazione delle cooperative che devono lavorare per la creazione di nuove filiere produttive e una organizzazione forte che permetta ai prodotti agricoli italiani delle cooperative di diffondersi nei mercati internazionali. Sono queste le linee guida indicate dal ministro delle Politiche agricole Paolo De Castro, intervenuto all'assemblea nazionale di Fedagri e Confcoopertaive, tenutasi a Palazzo Altemps a Roma lo scorso 30 novembre. L'esportazione di prodotti italiani, e' pari al 15%, la percentuale piu' bassa d'Europa. Per migliorare il nostro export e la nostra presenza sui mercati esteri e' necessario non solo prendere ad esempio le grandi catene di distribuzione ma anche incentivare una più efficiente e razionale organizzazione delle cooperative e permettere che i consorzi assumano finalmente anch'essi una struttura cooperativa. De Castro senza tralasciare di rispondere poi alle obiezioni che Fedagri ha avanzato circa la finanziaria spiegando che la stessa è partita da un momento molto difficile e con l'obiettivo di stabilizzare i conti dello Stato, muovendosi nel tentativo di rispondere alle richieste degli agricoltori ovvero: crescita del mondo cooperativo; concentrazione delle imprese, creazione di un fondo specifico. Un’attenzione particolare va al mondo cooperativo, ricordandone la straordinaria importanza dal punto di vista economico e produttivo, un settore quello delle cooperative che nel biennio 2005-2006 ha visto crescere il suo fatturato del 10,43% a fronte di una riduzione delle cooperative del 3,26%. Fedagri detiene la leadership della cooperazione agricola italiana ed e' una delle maggiori componenti del settore europeo con 3700 imprese aderenti tra cooperative e consorzi e un fatturato complessivo di oltre 24 miliardi di euro. Rispetto al biennio precedente poi, il capitale sociale e' aumentato del 2,2%. Un settore quello della cooperazione agricola che vede dominare la fascia di eta' over 50 (50,4%) e una bassa presenza femminile (23%). Un altro punto d’interesse è senz’altro, il ripristino del credito d'imposta per gli investimenti in agricoltura, secondo le modalità proprie del regime comunitario e l'estensione alle cooperative ed ai loro consorzi del credito d'imposta per l'internazionalizzazione delle imprese. Allarme clima per l’agricoltura italiana Allarme clima per l'agricoltura italiana. Salvi girasoli e arachidi anche negli scenari "più caldi" dei prossimi 100 anni. Male il mais ma anche il frumento. Crolla il nutrimento organico dei terreni. Stress da sbalzi dovuti ad eventi estremi caratterizzati da precipitazioni violente e sempre meno frequenti, gelate improvvise nei momenti della fioritura, aumento della sequenza di giorni senza pioggia anche fino al 49%. Questa la fotografia scattata nel rapporto "Climagri- Cambiamenti climatici e agricoltura", realizzato dal Cra-Ucea (Consiglio ricerca e sperimentazione in agricoltura-Ufficio centrale di ecologia agraria) e presentato all'incontro "Ricerca agrometeorologica nella gestione del rischio ambientale" organizzato in occasione del 130° anniversario dell'Ucea. Nel 2004 la dimensione economica del complesso agricolo e alimentare è stato di circa 208 miliardi di euro, pari al 15,4% del Pil. Una dimensione importante per cui è dunque essenziale utilizzare ogni elemento di conoscenza che può indirizzare in senso costruttivo ogni decisione o scelta. In tal senso interviene l'agrometeorologia che oltre a fornire la mappa del clima riferita alle colture, mette anche in guardia contro comportamenti irrazionali. Non si può pensare di avviare una coltivazione di ulivi in Piemonte perché si ha la percezione che fa più caldo per poi vedere morire le piante alla prima gelata. Stravolgere i sistemi colturali in funzione della percezione di un'annata siccitosa o più piovosa non ha alcun senso scientifico, quindi no alle scelte irrazionali. Tuttavia il cambiamento c'è e con il trend aumenta l'incertezza, allora bisogna investire sulle capacità di adattamento dell'agricoltura ai cambiamenti climatici e di esempi di adattamento al rischio sono già in atto, come il mais in val Padana esposto al serio pericolo siccità. A questa nuova realtà si è risposto con l'adozione di colture quali cereali, frumento e orzo meno produttive ma per le quali i livelli di rischio climatico sono enormemente più bassi rispetto al mais. Con 14 gradi di media annuale, la quantità di pioggia persa ogni anno è di 130 millimetri a livello nazionale. L'accumulo di unità di freddo che permette il ciclo biologico delle piante diminuirebbe del 62% e l'inizio della stagione di crescita, nell'ipotesi di innalzamento della temperatura più alto, risulta mediamente anticipato di 4 giorni al Nord, 9 al Centro, 7 al Sud ma ben 8 in Sardegna e perfino 12 giorni in Sicilia.

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