Logo
Federazione Nazionale
Agricoltura
- CHI SIAMO
- CONTATTI
- SEDI
Giovedì 9 Maggio 2024
SERVIZI FNA

Questo documento puo' essere utilizzato dagli associati per la stampa e diffusione di materiale informativo (volantini, manifesti)
NEWS

click 1001 Originale Aumenta Aumenta PDF Stampa Indietro

09/06/2003 - Disabili: Mancata richiesta nominativa

DISABILI: MANCATA RICHIESTA NOMINATIVA. L’applicazione operativa della legge n. 68/1999 ha creato taluni problemi interpretativi nell’azione dei servizi provinciali per il collocamento dei disabili (cui sono state trasferite dalla fine del 1999 le competenze in materia) e le Direzioni provinciali del Lavoro, articolazioni periferiche del Dicastero del Welfare, cui spetta la vigilanza sulla corretta applicazione della norma. Si è detto, a ragione, che obiettivo della nuova legge è superare il collocamento prettamente meccanicistico delle vecchie disposizioni inserite nella 482 del 1968 attraverso “l’inserimento mirato”, con l’introduzione di strumenti altamente modulabili (convenzioni, tirocini formativi, incentivi, richieste nominative, ecc.) finalizzati a porre, per quanto possibile, la persona giusta al posto migliore, cercando di contemperare le esigenze produttive con l’aspirazione del disabile a veder agevolato il proprio inserimento nella struttura individuata. Di qui, la ipotizzazione di tipologie contrattuali formative come i contratti di formazione e lavoro e l’apprendistato stipulabili, a seguito di convenzione ed in presenza di taluni requisiti riferibili alla disabilità dei soggetti interessati, in deroga ai limiti massimi di età e di durata previsti dalla normativa di riferimento. Fatta questa premessa, va sottolineato come uno dei problemi più ricorrenti, e sui quali si è registrata qualche frizione interpretativa tra i servizi della Provincia e le Direzioni del Lavoro, è rappresentato dal tipo di atteggiamento da assumere nei confronti di quei datori di lavoro che, pur dovendo assumere nominativamente una percentuale di disabili (quantomeno, nell’aliquota prevista dalla legge), si sono sottratti a tale onere, o attraverso un comportamento puramente omissivo o, accampando situazioni “giustificatrici”. Puntando l’attenzione su queste ultime si può ricordare come le stesse (ma l’elencazione non è assolutamente esaustiva) facciano, sostanzialmente, riferimento: a) alla mancata conoscenza dei lavoratori appartenenti alle categorie protette; b) alla indisponibilità all’assunzione di quelli individuati; c) alla incompatibilità del lavoro offerto con l’handicap dei soggetti prescelti; d) alla carenza di requisiti professionali; e) alle difficoltà di locomozione correlate ad una carenza logistica dei mezzi di trasporto; f) alla rinuncia dei datori di lavoro a selezionare gli iscritti alle liste sulla base della giustificazione che i soggetti sottoposti a selezione sono sempre gli stessi e che, in taluni casi, i precedenti colloqui hanno avuto esito negativo; g) al fatto che, soprattutto i piccoli datori di lavoro, i quali sono tenuti ad assumere una unità nominativamente in caso di nuova assunzione (entro i dodici mesi successivi), affermano che per le dimensioni della loro impresa “non hanno tempo” per ricercare e selezionare disabili. Il problema appena evidenziato non è di secondaria importanza, atteso che, coinvolgendo l’attività di vigilanza delle Direzioni provinciali del Lavoro, lo stesso va affrontato anche alla luce dei possibili effetti, in sede di contenzioso, correlati ad un’eventuale sanzione ex art. 15, comma 4, della legge n. 68/1999. La prima questione da risolvere riguarda la richiesta nominativa: è una facoltà oppure un obbligo? A fronte di un primo orientamento risalente al gennaio 2002 che definiva la stessa come un obbligo e non una facoltà, il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, con una nota indirizzata il 18 marzo 2003 alla Direzione regionale del Lavoro dell’Abruzzo, ha definito la stessa come una facoltà. Ad avviso di chi scrive, tale seconda interpretazione appare più corretta, in quanto il sistema di “pesi e contrappesi” ipotizzato dalla legge n. 68/1999 (non si dimentichi, ad esempio, la presentazione del prospetto informativo che vale anche come richiesta delle unità carenti) sembra individuare la richiesta nominativa come una agevolazione riconosciuta al datore di lavoro di “scegliere” nei limiti percentuali previsti, chi vuole. Ovviamente, a tale facoltà si può rinunciare (pensiamo all’esempio, pocanzi riportato del piccolo datore di lavoro che deve assumere nominativamente una unità e che non ha tempo e “voglia” di effettuare la ricerca) esplicitamente o tacitamente “per facta concludentia”. Tale ultima ipotesi si verifica allorquando trascorso il periodo di riferimento (sessanta giorni) lo stesso non ha provveduto. Indubbiamente, pur rendendosi conto delle difficoltà operative come quelle che si riscontrano nelle realtà ove sono presenti un gran numero di aziende soggette all’obbligo, la soluzione ideale sarebbe quella consistente nella possibilità di ricordare, in prossimità della scadenza del periodo di riferimento, che occorre coprire l’aliquota, avvertendo che, nella eventualità ciò non avvenga, provvederà l’Ufficio attraverso l’invio numerico di unità che, a parere dello stesso e tenuto conto delle esigenze produttive scaturenti dal prospetto informativo, possono essere inserite nell’organico. Una diversa interpretazione (obbligo e non facoltà) porrebbe la Direzione provinciale del Lavoro in difficoltà nel caso in cui, in sede di contenzioso giudiziale, si dovesse sostenere l’inottemperanza omissiva del datore di lavoro: ad avviso di chi scrive, il comportamento dello stesso può essere legittimamente sanzionato e sostenuto in sede di giudizio se, effettivamente, il datore di lavoro non ha ottemperato all’avviamento predisposto dagli organi a ciò deputati. C’è, poi, un’altra interpretazione di carattere generale da sottolineare: tutto il sistema del collocamento obbligatorio (con un parziale eccezione per il settore pubblico ove sono individuate specifiche sanzioni penali, civili ed amministrative, per il dirigente o il responsabile del procedimento omissivo), si basa su una sostanziale possibilità, dietro pagamento di sanzioni amministrative o di contributi esonerativi (questi ultimi sia pure al termine di legittimi procedimenti autorizzatori), di non ottemperare all’obbligo di assunzione. Infatti, la mancata assunzione di un lavoratore a seguito di avviamento numerico è sanzionata (in teoria, all’infinito) con 51,16 euro per ogni giorno lavorativo: è un problema di costi, indubbiamente, ma il datore di lavoro può sottrarsi all’obbligo pagando, fermo restando il ricorso in sede di contenzioso. E’ stata, pocanzi, citata, la nota del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, con la quale è stata data risposta ad un quesito della Direzione Regionale dell’Abruzzo: vediamo cosa dice. Afferma la Direzione Generale per l’Impiego che non appare sostenibile l’orientamento di chi sostiene che, a fronte del mancato esercizio della facoltà di richiesta nominativa da parte di un datore di lavoro che abbia già presentato il prospetto informativo, di interessare immediatamente il servizio di vigilanza della Direzione provinciale del Lavoro, ai fini dell’applicazione del regime sanzionatorio. Tale posizione trova il proprio fondamento nel fatto che l’elemento caratterizzante della nuova legge sui disabili è rappresentato dai concreti interventi di promozione dei servizi di collocamento. In tale ottica, richiamando, in un certo senso, le procedure previste dall’art. 7, commi 6, 7 ed 8, del DPR n. 333/2000 (confermate anche, in una nota di riferimento, dal “coordinamento dell’ispezione del lavoro”), il Ministero ricorda come debba essere svolta ogni utile iniziativa atta ad individuare soluzioni occupazionali. Il chiarimento si conclude con l’affermazione che qualora si verifichi la mancata volontà dell’azienda di assumere, “si ritiene che non vi siano motivi ostativi agli avviamenti d’ufficio, numerici e con qualsiasi qualifica, nel rispetto del collocamento mirato, avendo cura di avviare lavoratori con qualifiche da utilizzare in mansioni il più possibile adattabili all’attività esercitata dalle aziende interessate”. La nota ministeriale consente alcune riflessioni operative. La prima è che bisogna dare atto a molti uffici provinciali che si occupano della materia (ma, purtroppo, la considerazione non è estensibile a tutte le realtà) hanno fatto un grosso investimento sulla nuova metodologia dell’incontro “mirato” tra domanda ed offerta di lavoro che consente, soprattutto attraverso le convenzioni e gli ingressi formativi, di promuovere l’occupazione dei disabili fuori dai vincoli della graduatoria che, sovente, si è rivelata fallimentare sia nel numero delle assunzioni definitive (si pensi, ad esempio, ai licenziamenti per mancato superamento del periodo di prova) che nella qualità. Ma, detto questo, non va dimenticato che gli avviamenti numerici non sono stati aboliti e, quindi, le graduatorie vanno fatte ed aggiornate. La seconda considerazione riguarda il tipo di comportamento da adottare nei confronti del datore di lavoro che pone in essere un comportamento volutamente dilatorio od omissivo, attuato anche attraverso richieste di personale con qualifiche che si sa, “ priori”, non sono reperibili a causa dell’alta professionalità richiesta. Il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, con la nota indirizzata alla Direzione regionale del Lavoro dell’Abruzzo, ha inteso la richiesta nominativa come una facoltà e non come un obbligo: effettivamente, la terminologia adottata all’art. 7, comma 1, della legge n. 68/1999 “le richieste sono nominative per …….” potrebbe essere intesa come una imposizione nei confronti del datore di lavoro ma ciò, ad avviso di chi scrive, urterebbe contro un principio di carattere generale (ben presente, peraltro, nella disposizione) ove tutto è trattabile (a certe condizioni) e, soprattutto, creerebbe problemi al contenzioso in caso di sanzione irrogata per una mancata assunzione ove non c’è l’atto di avviamento. La soluzione potrebbe passare attraverso la strada che prevede un monitoraggio della situazione aziendale, con una sollecita convocazione dell’impresa in prossimità del termine di scadenza e con un contrattazione con la stessa, finalizzata anche ad un avviamento mirato per qualifiche che, pur non essendo state richieste esplicitamente, possono rientrare in quelle “adattabili” alla realtà produttiva. Ovviamente, nel caso di persistente atteggiamento dilatorio, il servizio dovrebbe procedere, sentito il comitato tecnico, all’avviamento numerico alla luce delle indicazioni contenute nelle schede professionali, delle altre informazioni desumibili dal prospetto informativo e della realtà d’impresa che, operando nel territorio, dovrebbe ben essere conosciuta dai servizi per l’impiego. Tale comportamento appare coerente con la funzione primaria che è quella di perseguire, con ogni mezzo, la collocazione delle categorie svantaggiate, essendo del tutto susseguente alla successiva mancata assunzione, quella del perseguimento delle sanzioni amministrative, il cui pagamento (senza alcun preventivo atto di avviamento) non è, poi, tanto pacifico, alla luce delle possibili impugnazioni previste dall’ordinamento. La terza riflessione riguarda la mancata ottemperanza a richieste nominative concordate a seguito di convenzione: è chiaro che, in questo caso, ci si trova in una situazione che legittima, in assenza di nuovi fatti ostativi che rendano impossibile l’assunzione prevista (es. crisi momentanea di mercato), la disdetta dell’accordo con il conseguente invio numerico di personale in possesso di qualifiche riferibili al contesto aziendale.

| PRIVACY E COOKIE POLICY |
Globus Srl